La versione italiana

Il green pass italiano permette di spostarsi tra le nostre regioni che in futuro potrebbero rientrare in zona arancione o rossa, nonché di partecipare a cerimonie civili o religiose e di visitare parenti residenti in case di riposo. La sua validità è di 9 mesi per chi ha completato il ciclo vaccinale, di 6 mesi per chi è guarito dal Covid-19 e di 48 ore per chi ha fatto un tampone con esito negativo. Attualmente viene rilasciato dopo la prima dose (dopo l’unica nel caso del vaccino Janssen).

La versione europea

Il green pass europeo (Eu Digital Covid Certificate), in vigore dal I luglio, permette di muoversi all’interno dell’UE senza obbligo di quarantena ed è valido 12 mesi. Viene rilasciato 15 giorni dopo la seconda dose (dopo l’unica nel caso del vaccino Janssen).

Il motivo della differenza

La maggiore permissività del documento italiano nasce dalla scelta politica di consentire una più rapida ripresa delle relazioni sociali interne al Paese. Tuttavia, la norma è stata stabilita prima che la cosiddetta “variante Delta” provocasse la brusca risalita della curva epidemica in Paesi come l’Inghilterra, dove è stata subito riscontrata la maggiore protezione offerta dalla seconda dose.

Un probabile ripensamento

È dunque sulla base di quanto si sta osservando all’estero, ma ormai anche all’interno dei nostri confini, che il nostro Comitato Tecnico Scientifico sta valutando l’opportunità di allineare le regole del green pass italiano a quelle del green pass europeo, cioè di condizionarne il rilascio al completamento del ciclo vaccinale, mediante la somministrazione della seconda dose.

Due settimane di monitoraggio

Alla domanda di Radio24 se tale riallineamento ci sarà, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha risposto che “allo stato attuale, è prematuro dirlo”. Gli fanno eco le fonti secondo le quali la decisione, in un senso o nell’altro, verrà presa intorno alla metà del mese di luglio sulla base del monitoraggio dei nuovi contagi.